La Spedizione delle corvette Descubierta y Atrevida 1789-94
Tra il 1789 e il 1794 Alessandro Malaspina ebbe l’incarico dal Re di Spagna di organizzare e dirigere una Spedizione Scientifica che visitasse tutti i possedimenti della Corona Spagnola intorno al mondo.
Gli obiettivi della spedizione erano ambiziosi: ogni regione visitata sarebbe stata studiata sotto il profilo botanico, zoologico, mineralogico. Delle popolazioni indigene si sarebbero raccolte notizie riguardanti gli idiomi, le credenze religiose, i costumi e gli assetti giuridici.
Inoltre, sarebbero state tracciate carte geografiche ed idrografiche. Le coordinate geografiche sarebbero state calcolate in modo più preciso di quanto fatto fino ad allora.
Per conseguire tali obiettivi Malaspina poteva contare sull’appoggio incondizionato di Antonio Valdés, ministro della Marina.
Nell’arsenale della Carraca (a Cadice) furono espressamente costruite due corvette, alle quali furono imposti i nomi augurali di “Descubierta” ed “Atrevida”.
Il comandante chiese ed ottenne consigli ed aiuti (in libri, carte e strumenti nautici) da parecchi uomini di cultura di vari paesi d’Europa, tra cui ci sembra doveroso ricordare:
Joseph Namks, presidente della Royal Society, Tommaso Valperga di Caluso, segretario della Reale Accademia delle scienze di Torino, l’astronomo francese Joseph-Jerôme de Lalande, il naturalista Lazzaro Spallanzani, lo statista modenese Gherardo Rangoni, gli astronomi di Breba De Cesaris, Oriani e Reggio.
La spedizione di Alessandro scaturì sentimenti di ammirazione e voglia di partecipazione da parte dei maggiori studiosi scientifici dell’epoca da tutta Europa, con i loro preziosi contributi di materiale utile alla grandiosa impresa che stava per svolgersi.
Fra il 1789 ed il 1974 furono visitati quasi tutti i possedimenti ispanici delle Americhe e dell’Asia, oltre ad alcuni tratti della Nuova Zelanda, dell’Australia e nell'arcipelago di Tonga. Dopo la traversata dell’Oceano Atlantico e passato Capo Horn, fu risalita tutta la costa pacifica delle Americhe fino all’Alaska, con varie soste intermedie, tra cui Valparaíso (Cile), Lima (Perù), Panama, Acapulco (Messico). Lungo tutto il viaggio sulla costa dell’Oceano Pacifico si svolsero numerose escursioni in terraferma, che permisero di compiere importanti rilevamenti, misurazioni altimetriche ed osservazioni botaniche e geologiche.
I COMPONENTI DELLA SPEDIZIONE
Alessandro, che era il comandante della “Descubierta”, volle che a comandare la “Atrevida” fosse l’ufficiale e amico José Bustamante y Guerra.
Comandanti in seconda erano Dionisio Alcalá Galiano e Cayetano Valdés y Flores.
Il Direttore della Cartografia fu Felipe Bauzá y Cañas.
I medici a bordo erano Pedro María González e Francisco Flores Moreno, entrambi due ottimi insegnanti del Collegio di Chirurgia di Cadice.
Responsabile Naturalistico era Antonio Pineda, che coordinò i lavori del naturalista boemo Thaddaus Hænke e del botanico francese Louis Née.
I Disegnatori, la cui scelta si rivelò particolarmente complessa, furono: José del Pozo e José Lindo, che parteciparono solo alla prima parte del viaggio e che vennero sostituiti dal lombardo Ferdinando Brambilla e dal parmense di origine francese, Giovanni Ravenet.
Tra gli italiani della spedizione, teniamo a nominare il più giovane guardiamarina della spedizione: il cremonese Fabio Ala Ponzone e il toscano Juan Vernacci, nel ruolo di ufficiale astronomo.
Anche un lunigianese fece parte dell’equipaggio, in qualità di cameriere del comandante: era il villafranchese Francesco Rossi.
IL VIAGGIO
La spedizione salpò da Cadice il 30 luglio 1789, attraversò l’Oceano Atlantico e, dopo soli 52 giorni, giunse a Montevideo (Uruguay) il 20 settembre. La consolidata presenza spagnola nell'area consentì alle varie componenti della spedizione di mettere a punto con serenità, sotto la meticolosa guida dell'ormai capitano di vascello Malaspina i metodi di lavoro che sarebbero stati applicati nei cinque anni successivi. Vennero stabiliti protocolli per i rilievi astronomici, geografici e cartografici, per l'esecuzione delle raccolte naturalistiche e le riparazioni necessarie alle navi e fu rilevato l'estuario del Rìo de la Plata (Buenos Aires, Argentina) prima di iniziare la navigazione verso la Terra del Fuoco.
Dopo la sosta nel Río de la Plata furono visitate le Isole Falkland (allora chiamate isole Malvine) e la Patagonia Argentina, dove la spedizione fece i primi incontri con le popolazioni autoctone. Il primissimo incontro avvenne il 2 dicembre, a Puerto Deseado (Argentina).
Fu superato Capo Horn per arrivare il 28 dicembre allo Stretto di Magellano (Cile). Seguendo la rotta di Cook, le corvette risalirono il Pacifico verso nord toccando l’isola di Chiloé e poi Talcahuano, dove le numerose defezioni di marinai e le insalubri condizioni sanitarie indussero a una partenza anticipata.
Proseguirono quindi verso le isole Juan Fernandez e successivamente arrivarono al porto di Valparaìso (dove raggiunse la spedizione il naturalista Thaddaus Hænke) e proseguirono la rotta verso Coquimbo e Arica per raggiungere infine il porto di Lima (Perù) alla fine di maggio 1790.
I quattro mesi passati in Perù furono la prima sosta importante nel corso della spedizione, dedicata alla manutenzione delle navi e all’organizzazione dei materiali da inviare in Spagna, oltre che al rilievo delle coste e all’esplorazione dell’interno, con spedizioni botaniche e geodetiche. Grazie alle missive ricevute, fu infine l’occasione per venire a conoscenza delle prime avvisaglie della Rivoluzione Francese.
La navigazione proseguì verso Nord nell’autunno, toccando Guayaquil (Ecuador) e quindi El Perico (porto di Panamá), dove fu avviata una missione al di là dell’istmo con l’obiettivo di calcolare il dislivello tra i due mari per studiare l’eventuale realizzazione di un canale.
Da qui le navi proseguirono verso nord per il Nicaragua, El Salvador e costeggiando il Messico, attraccarono ad Acapulco.
Qui la spedizione fu raggiunta da nuovi ordini dalla Spagna, che le imponevano di risalire fino al 60° parallelo in cerca di un possibile Passaggio a Nord-Ovest, l’esistenza del quale era stata riportata alla ribalta da un controverso resoconto dello spagnolo Lorenzo Ferrer Maldonado, risalente a quasi due secoli prima ma riscoperto in quegli stessi anni anche grazie alle ricerche avviate da Malaspina prima della spedizione. Un gruppo di spagnoli rimase comunque in Messico per accompagnare Antonio Pineda e Louis Née nell’analisi naturalistica di alcune regioni interne del paese.
In Alaska l’esplorazione del “Passaggio a Nord-Ovest” durò tutta l’estate e si spinse fino al 68° parallelo.
Nonostante si fosse rivelata infruttuosa, poiché l’ingresso dello Stretto Prince William era stato impedito dai ghiacci, il viaggio offrì lo spunto per una ricca serie di osservazioni geografiche che completarono i rilievi di Cook e La Pérouse, correggendo non solo i profili costieri ma anche precisando altre osservazioni, ad esempio l’altezza del Monte Sant’Elia, che venne ricalcolata con estrema precisione. Venne studiato anche il grande ghiacciaio che scende dal Monte Sant’Elia, che in seguito verrà intitolato al nostro Navigatore.
Dopo aver esplorato le coste dell’Alaska, trascorse un mese nell’avamposto spagnolo di Nootka (isola canadese) sulla costa occidentale dell’Isola di Vancouver, prima di tornare in Messico.
Nel 1792 inviò le golette Sutíl e Mexicana, comandate rispettivamente da Dionisio Alcalá Galiano e Cayetano Valdés ad esplorare gli stretti di Juan de Fuca e di Georgia.
Tornate ad Acapulco, la Descubierta e l’Atrevida salparono il 20 dicembre 1971 alla volta del Pacifico lungo la rotta del 12° parallelo nord, toccando prima le Isole Marianne, sostando nella baia di Humatac nell’Isola di Guam e quindi a Palapa, sull’Isola di Samar. Le corvette gettarono le ancore a Cavita, nella baia di Manila (Filippine) il 26 marzo 1972.
Giunte alle Filippine, le corvette si separarono: la “Atrevida” si spinse a Macao (Cina) per completare delle osservazioni con il pendolo semplice, mentre i cartografi della “Descubierta” si occupavano della cartografia dell’isola di Luzón (Kalusunan, Filippine). Durante i rilievi nell’interno dell’isola venne a mancare Pineda, che fu sostituito nel ruolo di capo naturalista della spedizione da Hænke.
Le Filippine furono oggetto di precise ricognizioni riportate in 94 carte geografiche.
In seguito, la spedizione toccò le Nuove Ebridi (Isole Vanuatu), Doubtful Bay, Dusky Sound (Nuova Zelanda) dove vennero aggiornate le carte della regione rispetto a quelle precedenti fatte da Cook, e Port Jackson (Australia), anche in questi territori continuarono le esplorazioni e i rilevamenti. Giunti all’avamposto inglese di Botany Bay (Australia) seguì una sosta per ristorare gli equipaggi.
La tappa successiva fu alle Isole del Vavao dette anche Isole degli Amici – oggi comunemente conosciute come Isole Tonga), per le quali era necessario riaffermare la priorità della scoperta spagnola. Il soggiorno si presentò fruttuoso e amichevole secondo le attese, anche grazie agli incontri con i capi locali Dobou e Vuna, per le consuete osservazioni geografiche, naturalistiche ed etnografiche.
Da qui tornarono verso l’America meridionale, raggiungendo prima le coste del Perù il 23 luglio, e successivamente con soste nuovamente a Valparaíso, alle Isole Falkland e a Montevideo. Da quel porto le corvette fecero vela verso Cadice, ove giunsero il 21 settembre 1794 e nel marzo del 1795 Alessandro Malaspina fu nominato brigadiere d’Armata.
Il viaggio di Alessandro, durato cinque anni (1789 -1794) ebbe grande eco in Spagna, come in tutta Europa, ma per motivi politici Malaspina fu fatto incarcerare poco dopo il suo ritorno e dovette sopportare dieci anni di prigionia. Rimase così in gran parte da elaborare il vasto materiale scientifico raccolto, tuttora parzialmente inedito.
I RISULTATI DELLA SPEDIZIONE
Le Regioni Visitate
Malaspina scelse di non visitare la regione dei Caraibi poiché, essendo possedimento spagnolo da quasi tre secoli, la sua conoscenza poteva considerarsi sufficiente.
Delle altre regioni, viceversa, nessuna fu trascurata ed in diversi casi i naturalisti si spinsero anche nell’interno. Le vedute disegnate dai pittori della spedizione hanno valore non solo artistico ma anche storico: in non pochi casi ci troviamo davanti alla prima rappresentazione di una terra, di una città o di un edificio e ben poco di ciò che fu visto è giunto immutato fino ai nostri giorni.
Le Popolazioni Incontrate
Gli ufficiali ed i naturalisti ovunque stabilirono ottime relazioni con gli indigeni, di cui annotarono costumi, credenze e canti.
Nel dar notizia del rientro della spedizione il Giornale de’ Letterati di Pisa così scrisse:
“…e per colmo di felicità niuno di questi riconoscimenti ha costato una sola lagrima al genere umano, cosa senza esempio in quanti viaggi di questa specie si sono fatti ne’ tempi antichi e moderni. Tutte le tribù e popoli visitati benediranno la memoria di quelli che, invece di contaminarsi le mani nel sangue loro, gliele hanno solamente stese per lasciarvi nozioni istrumenti e semenze utili”.
L’importanza del viaggio alle alte latitudini fu soprattutto antropologica ed etnografica, in particolare per le informazioni raccolte sulle popolazioni Tlingit della baia di Yakutat (il cui interno venne chiamato Puerto del Desengaño) e sui Nootka di Vancouver Island, sospettati di antropofagia (cannibalismo).
Con il capo di questi ultimi, Maquinna, venne stabilito anche un trattato di amicizia allo scopo di consolidare la presenza spagnola nei confronti delle mire espansionistiche russe e britanniche.
La Botanica
Migliaia furono le specie botaniche, poco o per nulla conosciute, raccolte dai naturalisti della spedizione. Costruirono cospicui erbari – che in parte ci sono pervenuti e si conservano negli archivi dei giardini botanici di Madrid, Praga e Firenze - ma non si trascurò nemmeno di disegnare molte piante, nei loro vari particolari: foglie, fiori, frutti e radici.
La Zoologia
I naturalisti, quando era possibile, impagliavano esemplari della fauna incontrata, allo scopo di inviarli al Gabinetto di Storia Naturale di Madrid. Quando ciò non era possibile, gli animali venivano accuratamente disegnati. Grazie a quel lavoro oggi disponiamo di disegni di specie da tempo estinte.
Gli obiettivi della spedizione nel “DISCORSO PRELIMINARE”
dello stesso Alessandro Malaspina
Nel Discorso Preliminare a quella che avrebbe dovuto essere la pubblicazione del Viaggio, il comandante dichiarò che il viaggio fatto da Descubierta ed Atrevida non poteva essere paragonabile ai viaggi degli inglesi e francesi che l'avevano preceduto. Infatti, c’era ormai una scienza della navigazione consolidata e l’enorme dispendio della spedizione era legato non solo alla sperimentazione delle rotte commerciali, ma soprattutto allo studio degli immensi possedimenti spagnoli, con il fine di avere un’ampia prospettiva che permettesse alla Corona di capire quali fossero i territori fondamentali da mantenere e quali quelli da lasciare.
Tra i numerosi obiettivi della spedizione, due furono i principali:
Completare l’Atlas idrografico
Compiere un esame politico dell’America con l’ammissione delle difficoltà e delle debolezze della Spagna e convincere l’opinione pubblica che si ostinava a difendere quel vasto ed improduttivo impero, senza voler rinunciare a nessuna delle sue parti.
Fare un piano di riforma dell’assetto costituzionale delle colonie che procedesse da un chiaro esame di ciò che quei territori erano diventati. Riconoscimento, dunque, dei diritti di ciascun paese delle convenienze e dei vantaggi, attuando un programma specifico ed articolato per ciascun popolo e territorio secondo le caratteristiche proprie che Malaspina aveva documentato con grande perizia attraverso una mole enorme di notizie e documenti raccolti. Essi riguardavano gli aspetti fisici, le condizioni produttive del suolo, le caratteristiche dell’antropizzazione con suggerimenti e proposte per una riforma amministrativa e politica, ponendo comunque grande attenzione a quelli che Alessandro chiamava “l’insieme degli obiettivi e degli interessi nazionali”.
Predisporre una Relazione finale da presentare al governo:
“La Monarchia, così rinnovata, una volta che avesse riconosciuto le abitudini, la natura, il carattere e diritti degli indios soggetti li avrebbe guardati come una parte preziosa di sé, li avrebbe stimolati all’azione, li avrebbe resi più felici con la prospettiva del lavoro e dell’agiatezza, li avrebbe fatti crescere nel numero, senza timore di poter da ciò ricavare offesa…
Non sarà più lo spirito di dominio a muovere le nostre volontà. Alla Spagna sarebbe stato compenso sufficiente sapere che gli indios vivevano in tranquillità inclini alla vita sociale e al lavoro e proprio in questo il legislatore avrebbe riconosciuto il frutto migliore del suo governo e il colono quello dei propri investimenti… la prosperità delle colonie coincide con la nostra. Solo così la Spagna saprà all’occorrenza essere poderosa nella difesa, giusta nelle proprie pretese e leale nei patti sottoscritti sapendo anche rispettare i diritti e le proprietà di ciascun popolo, sia esso il più forte che il meno forte, il più lontano o il meno lontano a nessuno dei quali si sarebbe cercato di imporre il proprio sistema politico europeo…
Tutto ciò ci deve spingere a ricercare i nostri difetti strutturali, la cui correzione in un’epoca nella quale l’illuminismo ha cancellato ogni ossequio ai precetti antichi, guida la nazione verso una prospera rinascita sulla quale essa solo può poggiare l’effettiva sua solidità…”
Dalle parole dello stesso Malaspina possiamo intuire la sua grandezza in quanto essere umano, la sua visione a 360 gradi, politica e socioculturale del benessere di tutti i popoli posti sotto la Corona Spagnola, il suo spessore morale, la sua visione antropologica assolutamente in linea con il profondo spirito illuminista, che oggi ricordiamo con gioia e orgoglio nel museo a lui dedicato.